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Sclerosi multipla: trapianto staminali su 15 malati

Neurologia Redazione DottNet | 25/05/2020 18:19

Per la prima volta al mondo trattati tutti i pazienti reclutati

 "Si apre la porta ad una speranza concreta contro la sclerosi multipla secondaria progressiva, la forma più grave". Sono parole di cauto ottimismo, anche se è ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive, quelle dello scienziato Angelo Vescovi nel dare l'annuncio della conclusione della fase 1 di sperimentazione del trapianto di cellule staminali cerebrali umane su 15 pazienti. Per la prima volta al mondo sono stati trattati tutti i 15 pazienti reclutati con questo trattamento sperimentale della malattia. A rendere noto i primi esiti del trial, in occasione della Giornata mondiale sulla sclerosi multipla che si celebra il 30 maggio, la Pontificia Accademia per la Vita con l'Associazione Revert Onlus e Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza.

La sperimentazione, iniziata a gennaio 2018, ha il patrocinio della Fondazione Cellule Staminali di Terni ed è stata realizzata anche grazie alla collaborazione con l'Azienda Ospedaliera di Terni, l'Università di Milano Bicocca e l'Ospedale Cantonale di Lugano. La fase 1 è volta a provare la sicurezza della terapia e, finora, nessuno dei paziente ha manifestato effetti collaterali. Si stanno ora valutando eventuali effetti terapeutici. E' il primo passo verso lo sviluppo di un protocollo sperimentale per trattare questi pazienti con il trapianto di cellule staminali cerebrali umane: ora si aspetterà il follow-up a un anno dei pazienti per la sottomissione nei tempi più brevi possibili del protocollo per la Fase II di sperimentazione. Le staminali cerebrali umane usate nello studio sono derivate da gestazioni che si sono interrotte per cause naturali e prelevate attraverso biopsia cerebrale, in accordo alle stesse regole che disciplinano la donazione degli organi.

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La ricerca è dunque scevra da qualunque problematica etica e morale. "I risultati ottenuti sui 15 pazienti trapiantati - afferma all'ANSA Angelo Vescovi, direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e presidente dell'Advisory Board di Revert Onlus, nonché professore all'Università di Milano Bicocca - sono finora incoraggianti: nessuno è peggiorato o ha avuto effetti collaterali e alcuni hanno avuto effetti benefici, ma è ancora presto per collegare tali miglioramenti ad un effetto delle staminali. Tuttavia, dopo la chiusura di questo primo trial, le speranze sono più concrete". È questo, sottolinea, "l'unico esempio al mondo di cellule staminali che sono divenute un vero e proprio farmaco cellulare stabile". Le cellule utilizzate in questa sperimentazione, chiarisce Vescovi, sono le stesse già impiegate nella precedente sperimentazione sulla SLA dal 2012 al 2015 e che sta per iniziare una fase 2. La tecnica per l'isolamento delle staminali è estremamente complessa e tutta italiana e permette di ottenere da un frammento di tessuto cerebrale una quantità pressoché illimitata di queste preziose cellule, sempre uguali negli anni per qualità e proprietà.

Sugli animali, precisa, "il trapianto di staminali riduce il danno della malattia e ripara le lesioni.  Non sappiano se si potrà arrivare ad una guarigione completa ma sempre sugli animali si è visto che le lesioni che eventualmente ricompaiono si ripresentano dopo molto tempo e vengono riparate da una nuova somministrazione". Insomma, "siamo speranzosi".  Particolarmente importante è il metodo usato: "Le staminali cerebrali vengono prelevate, moltiplicate in laboratorio, congelate, standardizzate e conservate nella nostra banca di Terni. All'occorrenza, una fiala di staminali viene scongelata e le cellule rimoltiplicate. Quindi con un donatore si possono trattare migliaia di pazienti". Il progetto, ha concluso, "si allargherà anche ad altre patologie come Parkinson e Alzheimer.   Parallelamente, è in preparazione una sperimentazione Fase I sulle lesioni spinali croniche ed è in approvazione, si pensa entro il 2020, una sperimentazione Fase II con iniezione delle stesse cellule nel midollo spinale di pazienti SLA".

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